La quarta rifondazione dell’ordine liberale internazionale

Per rifondare l'ordine liberale internazionale occorre comprendere le cause profonde della sua crisi. Con la finanziarizzazione dell'economia, il capitalismo, da produttivo è diventato predatorio. Non si può ricostruire un ordine stabile senza correggere questa degenerazione.

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ordine mondiale

Nel suo ultimo numero, la principale rivista dell’establishment di politica estera americano, Foreign Affairs, evidenzia come in futuro il successore di Trump potrebbe dover procedere alla quarta rifondazione dell’ordine liberale internazionale. Un ordine asseritamente demolito dalle politiche dell’attuale inquilino della Casa Bianca.

Foreign Affairs: il successore di Trump dovrà ricostruire l’ordine liberale internazionale

La prima rifondazione, tentata dal Presidente Wilson all’indomani del disastro della Prima Guerra Mondiale, fallì miseramente. La seconda, operata da Roosevelt e Truman dopo la carneficina della Seconda, ha avuto indubbiamente maggior successo. La terza, avviata da Bush padre dopo la fine della Guerra Fredda nel 1989, ha purtroppo avuto vita breve.

George Herbert Walker Bush, di recente scomparso, gestì con realismo e sangue freddo gli eventi epocali del biennio intercorso tra il novembre 1989 e il dicembre 1991. La fine della Guerra Fredda e dell’Urss senza colpo ferire. La riunificazione tedesca. La prima guerra del Golfo. Un allora promettente dialogo israelo-palestinese. Probabilmente non lo si rimpiangerà mai abbastanza.

Bill Clinton e George W. Bush hanno lasciato in eredità crisi economica e guerre

Purtroppo i suoi due figli, quello adottivo, Bill Clinton, e quello biologico, George W., hanno sperperato tale patrimonio nei successivi tre lustri complessivi delle loro Presidenze. Entrambi, infatti, hanno gravi responsabilità.

A Bill Clinton possono essere addebitati:

  • la folle deregulation finanziaria, con l’abolizione del Glass-Steagall Act nel 1995 che fino ad allora aveva separato le banche d’affari dagli istituti di credito, che ci ha regalato la crisi economica del 2008;
  • l’avvio dell’espansione a est della Nato che ha inutilmente umiliato la Russia, portando al potere Vladimir Putin;
  • il fallimento del Processo di pace di Oslo tra Israele e Palestina a Camp David nel 2000, per non averlo condotto in modo imparziale.

A George W. Bush si deve l’avvio del ciclo di guerre senza fine in Medio Oriente, che hanno generato enormi devastazioni, l’ascesa dell’Iran e milioni di profughi.

A Obama sono mancati coraggio e determinazione

Profughi i quali – insieme alla crisi economica esplosa nel 2008 – stanno demolendo la principale realizzazione politica che il Vecchio Continente abbia prodotto negli ultimi secoli: il progetto dell’Unione europea. Certo, alla parabola dell’Ue non è nemmeno estranea l’ottusità della tecnocrazie bruxellesi, ma questo è un altro tema.

Barack Obama ha tentato di rimediare. Ma alla sua grandissima capacità di ispirazione non hanno purtroppo corrisposto il coraggio e la determinazione necessari per regolare i problemi ereditati dai suoi due predecessori. L’impunità di Wall Street e la passività della Casa Bianca nella vicenda libica sono una macchia indelebile per la sua Presidenza.

Per rifondare l’ordine internazionale serve interrogarsi sulla vera causa della sua crisi

Di qui una considerazione. Qualora il successore di Trump procedesse alla quarta rifondazione dell’ordine liberale internazionale, dovrà trarre le giuste lezioni da quanto accaduto in questi anni ed analizzarne correttamente le cause profonde.

Non è pensabile che chi non capisce – o, peggio, si rifiuta di capire – la vera natura dei problemi possa essere colui che li risolve.

Se il successore di Trump, sia esso eletto nel 2020 o nel 2024, dovesse partire – come temiamo – dal presupposto che Trump, la Russia, la Cina, l’Iran, siano all’origine della crisi dell’ordine liberale internazionale, sarebbe fuori strada Avrebbe finito per confondere i sintomi della malattia con la causa.

L’avidità ha corrotto l’ordine liberale internazionale

Infatti, l’ordine liberale internazionale non è mai stato minacciato dagli autoritarismi, ma soltanto dalla propria degenerazione.

Una tendenza autolesionista dovuta a varie cause. Fra queste, una svetta in cima alla lista, riconducibile purtroppo alla debolezza umana: l’avidità. Un limite pericoloso già illustrato copiosamente da Immanuel Wallerstein.

Il capitalismo, che ha avuto un ruolo straordinario nel moltiplicare la ricchezza ed il progresso nel corso dei secoli è degenerato, forse irrimediabilmente, a cavallo tra il XX ed il XXI con la finanziarizzazione dell’economia.

Con la finanziarizzazione, il capitalismo da produttore è diventato predatore

Il capitalismo è divenuto predatorio. Senza alcuna restrizione. Nega diritti, tutele e quel minimo di solidarietà che era sopravvissuta. Dalla globalizzazione dell’economia si sta ora passando ad un tentativo generalizzato di precarizzarla su scala planetaria.

Soltanto un imbecille o qualcuno palesemente animato da malafede potrebbe oggi ancora sostenere che il mercato è in grado di autoregolarsi. Schiaccianti dati economici sulla sempre più sperequata ripartizione della ricchezza nel pianeta dimostrano il contrario.

Chi, poi, aveva il compito di temperare i mercati, ossia la sinistra, è venuto meno a questo compito. Per non dire di peggio.

Trump, Brexit, populisti sono conseguenza, non causa della crisi

Donald Trump, i promotori della Brexit, le forze populiste in crescita in Europa non stanno demolendo l’ordine liberale internazionale. Stanno soltanto raccogliendone i detriti capitalizzando politicamente sull’enorme rabbia dei tanti, troppi, che ne sono risultati marginalizzati e danneggiati.

L’ordine liberale si sta suicidando con politiche cieche e sbagliate. Concepite da élites distaccate dalla realtà e totalmente prive di visione e capacità di leadership. E purtroppo non affiorano indizi di un ravvedimento, sia a livello nazionale che sovranazionale.

Le élites: distaccate dalla realtà e prive di leadership

Macron ha dovuto vedere Parigi messa a ferro e fuoco dai Gilet gialli. Solo allora ha preso in considerazione di rivedere le sue politiche, dove il taglio alle corporate tax aveva fino a quel momento avuto priorità su esigenze che in retrospettiva sono apparse assai più cogenti.

Nel negoziato con Bruxelles sulla manovra di bilancio, il Governo Conte ha provato a far valere un modo di pensare diverso. Dai tecnocrati bruxellesi – e da numerosi ascari nostrani… – è stato pedissequamente risposto che sono i mercati a scrivere la manovra. E che non si può non tenere conto di questi ultimi.

Occorre ripensare la visione economica del mondo

In questo modo si finisce con l’ignorare che i mercati non hanno finora manifestato alcuna capacità di disintossicarsi dall’istinto predatorio – agevolato da una deregulation insensata – che li caratterizza. E le cui conseguenze drammatiche sono sotto i nostri occhi.

Tutti sembrano rassegnatamente ostaggi di una visione economica del mondo che nell’ultimo quarto di secolo ha causato enormi danni sociali e incapaci di promuovere il minimo tentativo di un cambiamento.

Non si può rifondare per la quarta volta l’ordine liberale internazionale basandosi sull’ideologia e sulla narrativa che in realtà lo stanno affossando. Chi dovesse invece agire in questo modo si assumerà la responsabilità di determinare l’esigenza di una ancor più drammatica quinta rifondazione tra qualche decennio.


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