La Grecia e il grande gioco energetico del Mediterraneo

Grecia

Gli incendi che hanno devastato la Grecia sono stati oggetto di molti commenti. L’Italia presenta alcuni tratti comuni con la Grecia, e per questo deve rimediare alle proprie vulnerabilità.

Gli incendi che hanno devastato la Grecia sono stati oggetto di molti commenti. Fra questi, riveste interesse quello di Federico Fubini Grecia, tagli alla Protezione civile nel pacchetto austerità: così è arrivata fragile al «traguardo» europeo, pubblicato sul Corriere della Sera. Fubini vede un nesso fra le misure di austerità che Ue e Fmi hanno imposto alla Grecia e la ridotta capacità operativa della Protezione civile di Atene. Del resto, i numeri parlano chiaro: solo con il pacchetto di tagli della scorsa primavera la Protezione civile ellenica ha perso 34 milioni di euro, mentre negli ultimi anni i vigili del fuoco sono passati da 12.000 a 8.000.

Ue e Fmi hanno imposto alla Grecia una cura da cavallo. Una cura – per dirlo con Fubini – eseguita “sotto dettatura” e senza precedenti nella storia economica: 14 manovre di austerità consecutive; una correzione del saldo di bilancio pari a 16% del Pil; un crollo degli investimenti di un terzo; la disoccupazione è esplosa e, nelle stime del Fmi, dovrebbe tornare a parametri normali fra il 2040 e il 2060; la perdita di quasi mezzo milione di abitanti su poco meno di 11. Chi ancora dubitasse che l’agenda mondialista è intrinsecamente mortifera guardi alla Grecia.

La crisi della Grecia, manna per le banche di Germania e Francia e vergogna per l’Europa

Non si può fare una seria riflessione sulla gestione della crisi greca senza tenere a mente un fatto scandaloso: dei 216 miliardi di euro di aiuti prestati alla Grecia fino al 2016, solo il 5% è toccato ad Atene. Il 95% è andato direttamente ai creditori della Grecia: soprattutto alle banche francesi e tedesche che avevano fatto a gara per erogare prestiti rischiosi ad Atene lucrando alti interessi. Niente investimenti produttivi per rilanciare l’economia. Niente incentivi all’occupazione. Niente sostegni alla formazione. Niente ricerca e sviluppo. Niente infrastrutture.

L’Italia, esposta con la Grecia per soli 10 miliardi di euro, fino al 2015 ha contribuito con ben 40 miliardi: un trasferimento netto di ricchezza di 30 miliardi dai contribuenti italiani alle banche straniere. Ecco a cosa è servito il governo Monti.

Che effetti ha avuto l’austerità imposta alla Grecia? Un collasso del reddito del 29%, che ha fatto peggiorare il rapporto debito/Pil rispetto al periodo pre-crisi. Un risultato che fa dubitare che il vero obiettivo fosse la riduzione del debito pubblico ellenico. La “cura” di Ue e Fmi ha aumentato l’indebitamento greco, rendendolo di fatto insostenibile, e ha rafforzato l’assoggettamento di Atene. Un’inaudita limitazione della sovranità della Grecia, che priva di opzioni politiche chiunque dovesse essere chiamato al governo. Un riuscito esperimento di sottomissione di uno Stato sovrano.

Diplomazia italiana propone una chiave di lettura complementare della crisi del debito ellenico, che contribuisce a spiegare il perché dell’accanimento nei confronti della Grecia. Un punto di vista che si fonda sugli sviluppi geopolitici degli ultimi anni afferenti allo scacchiere del Mediterraneo orientale e all’energia.

Nel Mediterraneo orientale vi sono tre aree con grandi giacimenti di idrocarburi:

  • quella del Mar Egeo, al largo delle coste di Grecia, Turchia e Cipro;
  • quella del Levante, al largo del Libano e di Israele;
  • quella del bacino del Nilo, al largo dell’Egitto.

Mediterraneo orientale, teatro nevralgico per gli equilibri geopolitici fra Usa, Europa, Russia e Medio Oriente

A partire dal 2009, in questo tratto di mare sono stati scoperti nuovi giacimenti di gas, di dimensioni tali da mutare gli equilibri geopolitici fra Stati Uniti, Europa, Russia e Medio Oriente.

Fra il 2009 e il 2010, il gruppo Usa Noble Energy e i suoi partner di Israele hanno scoperto i giacimenti offshore di gas di Tamar (283.000 mld m3) e di Leviathan (450.000 mld m3). Nel 2011 Noble Energy ha scoperto nelle acque di Cipro il giacimento di gas Afrodite (fra 142.000 e 227.000 mld m3). Nel 2015, l’italiana Eni ha scoperto al largo dell’Egitto il giacimento di gas di Zohr, sinora il più grande del Mediterraneo (850.000 mld m3): se le stime fossero confermate, con Zohr Il Cairo raddoppierebbe le sue riserve di gas naturale.

Tamar e Leviathan per Israele, Afrodite per Cipro e Zohr per l’Egitto sono destinati ad essere asset strategici per decenni: sia in termini di autosufficienza energetica, sia di crescita economica. Le acque territoriali della Grecia custodirebbero riserve di petrolio per 3 miliardi di barili.

Un cenno a parte merita la Siria, poiché le sue risorse offshore non sono sfruttate. Secondo stime della USGS i giacimenti di idrocarburi nelle acque territoriali di Damasco sarebbero i principali del Mediterraneo. A questi si affiancano sulla terraferma i campi di Qara, presso Homs. Il ruolo di player energetico della Siria, per ora solo potenziale a causa della guerra, è rafforzato dalla circostanza che il territorio e le acque siriane sono il naturale corridoio di transito della produzione di idrocarburi di Irak, Qatar e Arabia Saudita verso i mercati europei.

Quanto precede suggerisce alcune considerazioni.

Israele è sulla strada per l’autosufficienza energetica, una condizione destinata a durare per decenni e che inciderà sui rapporti con i suoi vicini in Medio Oriente, in primis l’Egitto.

Il “Triangolo dell’Energia” GreciaCiproIsraele rappresenta ormai un fornitore complementare, ma non alternativo, alla Russia e al Maghreb: ciò in un quadro di progressivo declino del ruolo della Norvegia, le cui riserve sono ormai calanti.

Le riserve di gas della Grecia hanno un valore stimato non meno di 600 miliardi di dollari. Quelle di Cipro di circa 400. Da un lato, tali risorse permetterebbero di rimborsare agevolmente i debiti di questi paesi. Dall’altro, ne assicurano l’indipendenza energetica.

Disponendo delle maggiori riserve del quadrante ed essendo il naturale hub per il trasporto degli idrocarburi verso l’Europa, la Siria ha tutte le carte per essere protagonista. Servirebbe però una precondizione politica: la fine della guerra civile e la cessazione degli interventi di potenze straniere sul suo territorio. Proprio la volontà di diversi attori di frenare l’ascesa di Damasco, principale alleato di Mosca nella regione, può contribuire a spiegare il perché del protrarsi del conflitto.

Alla luce della conformazione delle sue acque territoriali il paese più potente della regione, la Turchia, è quello meno favorito: ciò spiega la sua aggressività sul problema della delimitazione delle frontiere marittime e l’impiego sempre più muscolare della sua marina militare.

Le risorse energetiche greche, oggetto di confronto fra Usa e Russia

La questione va anche letta alla luce della contrapposizione in Eurasia fra Stati Uniti e loro alleati occidentali da un lato e Russia dall’altro, che affonda le sue radici nell’epoca della Guerra Fredda.

A partire dagli anni ’70, sul problema cipriota gli Usa hanno deciso di favorire la Turchia a detrimento della Grecia. Washington si è spinta fino a fornire armi ai turchi, che nel 1974 hanno invaso la parte settentrionale di Cipro. Questa scelta, molto spregiudicata se si considera che Ankara e Atene erano e sono entrambi membri Nato e quindi alleati di Washington, rispondeva all’obiettivo americano di ridurre l’influenza di Mosca in quell’area: un’influenza antica, fondata sui tradizionali legami storici e religiosi fra Grecia e Russia.

Oggi, l’obiettivo degli Usa è rimasto lo stesso: minare l’influenza della Russia in uno scacchiere che Washington vede come una riserva di energia alternativa a quella russa. Una riserva strategica da cui l’Europa dipende fortemente.

Sul piano militare, il conseguimento di questo scopo è passato dalla guerra in Siria, principale alleato della Russia nell’area. Un conflitto orchestrato dagli Stati Uniti con il sostegno di alcuni loro alleati occidentali, in primis Gran Bretagna e Francia, del Qatar e dell’Arabia Saudita.

Sotto il profilo finanziario, l’obiettivo di indebolire Mosca si è tradotto nei tentativi della finanza anglo-americana, che domina Ue e Fmi, di imporre alla Grecia nel 2012 e a Cipro nel 2013 di cedere i loro asset energetici e portuali.

Gli Stati Uniti, inoltre, premono su Grecia e Cipro per una nuova spartizione dei campi offshore a vantaggio della Turchia. Negli ultimi tempi, Ankara ha più volte intimato ad Atene di non spingersi oltre con le esplorazioni e soprattutto con lo sfruttamento dei giacimenti, minacciando interventi militari. La Turchia ha inoltre adottato una linea assertiva nei confronti delle compagnie operanti nell’area, l’Eni e la francese Total, con manovre navali aggressive e minacciando di escluderle dal suo lucroso mercato interno.

Gli sviluppi di queste dinamiche dipenderanno anche dalle scelte di Israele, che ha per obiettivo l’autosufficienza energetica. Raggiunto questo scopo, per esportare i suoi idrocarburi in Europa lo Stato ebraico avrà due opzioni.

  • La meno costosa, ma anche la meno realistica sul piano politico, sarebbe una pipeline verso la Turchia che transiti in Libano e Siria. Un’opzione oggi politicamente impraticabile, tenuto conto dei rapporti con Beirut e Damasco, ma anche di quelli con Ankara.
  • La seconda, più onerosa ma più realistica, è rafforzare il “Triangolo dell’Energia“, consolidando la collaborazione con Grecia e Cipro con cui vanta relazioni eccellenti. Infatti, mentre la Turchia rivendica porzioni della zona economica esclusiva (ZEE) proclamata nel 2010 da Cipro, quest’ultimo e Israele hanno trovato un’intesa per delimitare le loro rispettive ZEE senza coinvolgere Ankara. Servono però pesanti investimenti per realizzare un terminal comune israelo-cipriota per il gas naturale liquefatto (LNG) oppure sviluppare un gasdotto offshore che colleghi Israele, Cipro, Creta, Grecia e Europa.

Il “Triangolo dell’Energia”: verso un allineamento Grecia-Cipro-Israele, con la Russia spettatore interessato

Questo rebus geopolitico presenta numerose incognite, coinvolge diversi protagonisti e investe tanti, sensibili interessi. Il rischio che deflagri in pericolosi confronti non è da escludere a priori. Servono dunque soluzioni condivise, tali da armonizzare gli interessi dei giocatori in campo e placare le loro ansie di insicurezza.

La prima questione sul tavolo è se la principale potenza dell’area, la Turchia, accetterà di buon grado il suo ruolo di non-protagonista delle intese e dei riallineamenti che si stanno profilando.

La seconda riguarda Israele, che deve sciogliere un nodo geopolitico complicato. Da un lato, nella partita in Siria gli Usa – principali alleati dello Stato ebraico – si sono strettamente legati al Qatar e all’Arabia Saudita. Anche lo Stato ebraico collabora sottotraccia con questi paesi, ma si tratta di una convergenza tattica, non strategica. Dall’altro, gli interessi energetici, dunque strategici, di Israele sono più affini a quelli di Grecia e Cipro – e quindi della Russia – che a quelli dell’asse Usa-Qatar-Turchia.

Questa vertiginosa crescita del peso geopolitico del Mediterraneo orientale è un nuovo fattore destinato a pesare e a incidere sui rapporti internazionali, ben oltre il livello di teatro. È un tratto di mare sul quale si affacciano regioni caratterizzate da dinamiche politiche estremamente conflittuali e dove agiscono paesi molto assertivi nel perseguire i propri interessi nazionali. Gli interessi in gioco hanno diversa natura: politica, di sicurezza, economica. E le questioni sul tappeto investono diversi livelli: statale, regionale e di superpotenza, quindi mondiale. È una scacchiera caratterizzata da infiniti intrecci di obiettivi, dinamiche e livelli, che rendono possibili molte combinazioni di interessi. Alcune forse inedite.

Uno dei dati politici di questa vicenda è che gli interessi degli attori, e quindi le loro azioni, in un modo o nell’altro passano tutti dalla Grecia: questo potrebbe spiegare perché tanti protagonisti di questa partita hanno un preciso interesse a rafforzare la loro influenza su Atene e condizionarne l’azione politica. In questo senso, anche la trappola del debito può senz’altro essere un incisivo strumento.

Da questa lettura, per Diplomaziaitaliana, è possibile trarre indicazioni per l’Italia.

Italia, la crescita economica serve a recuperare la libertà d’azione politica

L’Italia presenta alcuni tratti comuni con la Grecia.

  • Il primo è l’elevato indebitamento pubblico. Certo, la vulnerabilità del sistema-paese è minore, tenuto conto che il rapporto debito/Pil è migliore e soprattutto che l’Italia è la seconda potenza manifatturiera d’Europa. Nondimeno, i fatti che a fine 2011 portarono alla caduta del governo Berlusconi insegnano che nessuno è al riparo dalla speculazione finanziaria internazionale.
  • Il secondo è la posizione geopolitica: meno nevralgica rispetto all’epoca della Guerra Fredda e di scarso rilievo se si guarda alla produzione di energia, l’Italia rimane uno snodo strategico posizionato al centro del Mediterraneo, un crocevia fra Europa, Africa e Medio Oriente.

La politica è un’attività in costante mutazione. Così come dal 2009 spettacolari scoperte hanno reso il Mediterraneo orientale uno snodo geopolitico strategico, non si può a priori escludere nuovi fatti che riportino l’Italia al centro dell’attualità internazionale.

Un fatto nuovo potrebbe essere, ad esempio, il cambio di rotta italiano sull’immigrazione, il cui impatto va ben oltre le frontiere nazionali e ha riflessi a livello di teatro in Europa, in Nordafrica, in Medio Oriente e in tutto il Mediterraneo. Di conseguenza, non possono escludersi nemmeno azioni e interferenze di attori interessati a condizionare l’azione politica italiana. Magari con lo strumento dei mercati finanziari.

Pertanto, l’Italia deve rimediare alle proprie vulnerabilità. Deve ridurre, se non l’indebitamento, quanto meno il rapporto debito/Pil. Questo passa attraverso il rilancio della crescita, una delle ragioni che hanno portato al risultato delle elezioni del 4 marzo. Solo con il ritorno della crescita economica, l’Italia può darsi gli strumenti per il recupero della libertà d’azione politica e, in ultima analisi, della sovranità.

Questo articolo è pubblicato anche su ItaliaNotizie24.it