Approfittando dell’emergenza Coronavirus, nei giorni scorsi il governo M5S-Pd ha dato inizio a una campagna strisciante per attivare il Meccanismo Europeo di Stabilità.
Per fare fronte alla crisi economica provocata dalla pandemia, sulla tribuna del Financial Times il premier Conte ha chiesto che il Mes impieghi i circa 400 miliardi di euro di cui dispone per concedere prestiti a tutti i paesi Ue per “evitare di stigmatizzare un governo in particolare“.
Il Governo italiano invoca l’intervento del Mes
Il passo appare concertato in sede Ue, tenuto conto del tempismo con cui il commissario europeo Gentiloni si è affrettato a plaudire all’iniziativa. Nei giorni precedenti, in un’intervista per l’Institut Delors, l’ex premier Letta aveva lanciato un appello analogo.
Sarebbe stato preferibile che l’appello all’impiego del Mes fosse stato concertato con il Parlamento, piuttosto. In linea con il dettato costituzionale, scelte di questa portata vanno sottoposte al vaglio parlamentare, in ragione delle loro pesanti conseguenze economiche e politiche.
Il Mes non è uno strumento per la crescita, né per fare fronte alla crisi economica
Infatti, il Mes non è uno strumento di politica economica e non serve a sostenere la crescita. Esso è un “fondo salvastati”, finanziato dai paesi dell’eurozona. L’Italia, con circa 125 miliardi di euro, è il terzo contributore dopo Germania e Francia.
La funzione del Mes è quella di prestatore di ultima istanza per quegli Stati dell’eurozona che non dovessero più riuscire a finanziarsi sui mercati. In altri termini, presta denari ai paesi che i mercati giudicano prossimi al default finanziario. Visto in quest’ottica, il ricorso al Mes è un preavviso di fallimento.
I prestiti del Mes sono subordinati a condizioni draconiane mirate a garantirne il rimborso. Per accedere al credito, uno Stato deve sottoscrivere un memorandum d’intesa con Commissione europea, Bce e Fmi – la Troika – con cui accetta di sottoporsi a un “programma di aggiustamento macroeconomico”. In altri termini: austerità, taglio della spesa pubblica e aumenti delle imposte. Di fatto, il paese viene commissariato dalla Troika, che veglia sul rimborso del debito.
Il vero problema, la garanzia del debito: una garanzia europea per un’integrazione più solidale
Invece che il Mes, la magnitudo della crisi suggerirebbe di porre al cuore del dibattito uno dei temi centrali del nostro tempo, la garanzia del debito. La maggiore flessibilità sul patto di stabilità annunciata da Ursula von der Leyen sembra indicare che la Commissione europea intende contrastare la recessione aumentando il livello di indebitamento degli Stati membri. Ossia, con politiche anticicliche finanziate con i debiti nazionali.
La straordinarietà della crisi imporrebbe invece misure altrettanto straordinarie, quali politiche economiche espansive dei paesi dell’eurozona, finanziate con eurobond di scopo: un debito europeo garantito dall’Ue, non nazionale. Primo, l’espansione del bilancio è lo strumento tecnicamente più appropriato per contrastare la recessione. Secondo, il ricorso a eurobond, o coronabond che dir si voglia, invece che a titoli di Stato darebbe sollievo ai bilanci dei paesi dell’eurozona, ancora sofferenti per gli effetti della crisi del 2008. Terzo, si creerebbe l’embrione di una politica di bilancio europea: ciò favorirebbe il rilancio del processo di integrazione in chiave di maggiore solidarietà, che nell’attuale congiuntura di crisi sarebbe un eccezionale risultato politico.
Al momento, tuttavia, la cornice politica non appare favorevole, in ragione dell’opposizione della Germania e dei suoi satelliti. Ad ogni modo, il Mes non ha alcuna utilità ai fini dei delle gigantesche sfide economiche che si preannunciano. Anzi, gli effetti deflativi delle politiche di austerity che la Troika imporrebbe ai paesi debitori rischierebbero di alimentare una spirale recessiva.
Troika in azione: colpire la Grecia per educare l’Italia
Quest’ultimo non è un caso teorico. Basta volgere lo sguardo alla Grecia, che porterà nelle carni per generazioni i mortiferi effetti delle cure della Troika: crollo dell’economia del 25%; disoccupazione al 16,7% (giovanile al 36,2%); tagli a salari e pensioni; inasprimento della pressione fiscale; smantellamento dei servizi sociali.
Non soddisfatta dello sfacelo, la Troika arrivava a chiedere misure più dure persino sulla messa all’asta delle case dei cittadini greci in difficoltà economiche. L’impennata della mortalità infantile in Grecia, coperta dall’omertoso silenzio dei media, è una vergogna indegna della civiltà che stingerà per sempre sul processo di integrazione del continente.
Secondo le proiezioni, nel 2060 il debito pubblico greco ammonterà al 180% del Pil. Nel 2010, prima delle cure della Troika, era al 120%. Se ne deve concludere che il commissariamento della Grecia non aveva per obiettivo il risanamento dei conti pubblici ellenici. Era un ammonimento destinato a paesi più grandi, come l’Italia, che in quegli stessi anni subiva la “cura Monti”: o Monti o la Troika.
Perché Berlino e i suoi satelliti premono per il Mes
In linea con questa tradizione rigorista, oggi la Germania e i suoi satelliti si oppongono a qualsiasi progetto di espansione di bilancio che non sia agganciato al Mes e, quindi, al controllo della Troika. L’Olanda, specializzatasi nella parte del poliziotto cattivo anche per far passare Angela Merkel per buona, ha almeno il pregio di una lapidaria chiarezza: ogni misura di sostegno all’economia va subordinata a una “forma appropriata di condizionalità“.
Anche per ragioni politico-elettorali interne, Berlino nutre diffidenza per le soluzioni che prevedono formule di condivisione dei rischi con le “cicale” dell’Europa meridionale. A questa cautela si aggiunge un altrettanto comprensibile interesse della finanza germanica per il consistente stock di risparmio privato e per il patrimonio immobiliare degli italiani, che negli auspici tedeschi andrebbero posti a garanzia del debito.
Il Mes, strumento di dominio politico
Tuttavia, è sotto il profilo politico che l’attivazione del Mes più risponde all’interesse della Germania. Il dato politico essenziale è che il Mes e la Troika, suo braccio armato, sono strumenti di dominio nelle mani dei principali contributori.
Se si tiene conto che proprio la Germania è il primo azionista del Mes, si comprende bene che attivare una linea di credito sarebbe per l’Italia un atto di servitù volontaria. Sottoponendosi a un programma di aggiustamento macroeconomico sotto lo stivale della Troika, l’Italia, seconda potenza manifatturiera d’Europa, si assoggetterebbe alla Germania, che finirebbe per controllarne la politica economica e lo sviluppo futuro e, di conseguenza, il destino.
Anche chi non ha conseguito Mba presso prestigiose università americane può comprendere che questo scenario non risponde all’interesse nazionale italiano.
Il governo Conte bis scarica le sue contraddizioni sull’Italia
Resta da capire perché l’esecutivo si ostini a voler percorrere una via così pregiudizievole per l’Italia come il ricorso al Mes. Occorre partire da un assunto politico. Per le stesse ragioni che ne hanno causato la nascita, così come per le sue insopprimibili contraddizioni interne, il Conte bis è un governo nato debole, come i bambini tarati che – secondo la leggenda – gli spartani abbandonavano sui monti del Taigeto.
In questi mesi, le crescenti tensioni fra le forze che sostengono il Conte bis sono state evacuate scaricandole sull’Italia e sui suoi cittadini, che stanno sperimentando su scala nazionale l’esperienza già vissuta nelle città amministrate dal M5S: inerzia, irresponsabilità, degrado, ricerca di consenso con misure demagogiche. Nelle ultime settimane, la crisi Coronavirus ha definitivamente messo a nudo i limiti del governo Conte, che ha trasformato l’emergenza in una catastrofe.
Ricorrendo al Mes, il Conte bis paga le cambiali e avvelena i pozzi
L’eventualità che la legislatura – e con essa l’esecutivo – possa arrivare a scadenza naturale non cambia il quadro: il Conte bis è politicamente al tramonto. Non è in grado di indicare una visione di ampio respiro, un progetto per l’Italia. Ancor meno appare in grado di realizzarlo. Al di là dell’ovvia considerazione che il governo sta cercando presso capitali straniere quella legittimazione che non ha in patria, appare dunque lecito ipotizzare che ponendo l’Italia sotto il giogo del Mes qualcuno sia stato chiamato a pagare la cambiale a chi – guarda caso la Germania – nel 2019 ha avuto un ruolo decisivo nella nascita del Conte bis.
Inoltre, la prospettiva di dover nel prossimo futuro guidare un paese in grave recessione preoccupa gli occupanti della stanza dei bottoni: secondo indiscrezioni, un numero crescente di esponenti governativi nutrirebbe riserve sulla prosecuzione dell’esperienza di governo una volta finita l’emergenza sanitaria. Meglio, piuttosto, capitalizzare la crisi Coronavirus in chiave elettorale. In quest’ottica, accedere al Mes equivarrebbe ad avvelenare i pozzi nel caso il voto premiasse il centrodestra, che con un’Italia indebitata con il Mes e commissariata dalla Troika si ritroverebbe con margini d’azione pressoché nulli.
Per inciso, secondo le stesse fonti, al dossier Mes starebbe alacremente lavorando anche un certo “partito tedesco“, anima dell’ufficio diplomatico di Palazzo Chigi, che nel 2019 ha anch’esso fornito i suoi buoni uffici – per così dire – alla nascita del Conte bis.
L’Italia del futuro, secondo M5S e Pd: Grecia o Urss?
Quello attuale è un momento buio. L’inadeguatezza del governo M5S-Pd sta generando in Italia fenomeni sinistramente simili a quelli caratteristici dei paesi comunisti. Oggi, violazioni delle garanzie costituzionali; limitazioni massicce delle libertà; medici mandati a combattere l’epidemia a mani nude, come i pompieri di Chernobyl; interminabili file davanti agli esercizi commerciali. Domani, con la recessione, povertà di massa. Mancano solo, con Mes e Troika, l’esproprio della proprietà privata, con la messa all’asta delle case degli italiani, e l’asservimento della nazione a una burocrazia politicamente irresponsabile e il cerchio sarà pressoché chiuso.
Dopo la catastrofe sanitaria, l’Italia vede profilarsi all’orizzonte una pesante recessione provocata dal blocco delle attività economiche disposto dall’esecutivo. Uno scenario di elevata disoccupazione, impoverimento diffuso e disintegrazione sociale, che il governo Conte non appare in grado di contrastare. La gravità del quadro impone misure eccezionali e solidali su scala europea, non certo l’assoggettamento dell’Italia e dei suoi cittadini. La politica si faccia promotrice, in Italia e in Europa, di soluzioni innovative e coraggiose. E dalle reazioni dei nostri partner europei sappia trarre le conseguenze.
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