La notizia di un partito che invoca la trasformazione del Belgio in uno Stato islamico non è una novità. Il fenomeno della sharia in Europa risale alle corti islamiche istituite nel Regno Unito negli anni Ottanta.
La sharia ha già i suoi tribunali in Europa
È recente la notizia, riportata da vari quotidiani nazionali tra cui Il Giornale di un partito belga di ispirazione islamica che, tra le altre cose, vorrebbe fare del Belgio un vero e proprio Stato Islamico e introdurre nel Paese la sharia, ossia la tradizionale legge islamica.
La notizia, così come riportata, può sembrare sensazionale. Ad un più attento sguardo, tuttavia, ci si rende conto come le avvisaglie di questa tendenza in Europa fossero già presenti. Un osservatore che possegga una minima conoscenza del mondo islamico sa bene che il processo è in atto da tempo, con ricadute anche sul mondo della diplomazia e delle relazioni internazionali.
Se il rapporto storico del mondo islamico con il vecchio continente è ben noto, il suo rapporto con l’Europa di oggi può essere esemplificato proprio dalla progressiva espansione islamica in Belgio, a partire da quel non lontano 1973, quando Re Baldovino accettò di importare greggio dall’Arabia Saudita a prezzi vantaggiosi in cambio di un maggior spazio concesso alla fede e alla cultura islamica nel suo Paese, con la conseguente apertura di numerose moschee e centri islamici di tendenza wahabita e fondamentalista.
Come detto, la notizia di un vero e proprio partito islamico che invoca la trasformazione del Belgio in uno Stato musulmano non è una novità, se si considera come già qualche anno addietro il Paese aveva assistito al fenomeno del movimento Sharia4Belgium, invocante i medesimi principi, e infine dichiarato organizzazione di stampo terroristico dalla magistratura belga solo nel 2015.
La storia si ripete, se vogliamo, e per giunta a pochi anni di distanza, senza che tuttavia si sia in grado, in questo caso, di apprendere dal passato lezioni fondamentali circa la tutela di interessi nazionali, ed europei, essenziali.
Risulta peculiare che la magistratura belga non abbia nulla da dire sulle posizioni di questo partito che di fatto, chiedendo l’introduzione della sharia, si pone in contrasto con norme e principi di diritto riconosciuti e tutelati in tutti gli ordinamenti occidentali.
Ottanta tribunali islamici attivi nel Regno Unito
Il fenomeno della sharia in Europa infatti risale già agli anni Ottanta, quando le prime cosiddette “Corti islamiche” vennero istituite nel Regno Unito, Paese che può oggi contare su più di ottanta tribunali islamici, precursori di una vera e propria giustizia parallela intimamente connessa a moschee e centri di preghiera.
Una sorta di Stato nello Stato con propri leggi e propri giudici per farle rispettare. Anche se nel Regno Unito la maggior parte delle Corti sono di fatto clandestine, è comunque rilevante considerare come, in virtù della possibilità di sottoporre controversie ad arbitrato secondo le normative del 1996, esistono anche circuiti arbitrali che applicano la legge islamica e sono espressamente riconosciuti dalla giustizia britannica, i cui lodi possono quindi essere fatti valere innanzi ai tribunali inglesi.
Altro fenomeno è quella della cosiddetta sharia police, ovvero di ronde organizzate composte da una milizia privata che, sebbene non armata, era dotata di divise e di un’organizzazione stabile allo scopo di intimidire chi, nelle zone considerate ormai assoggettate in via di fatto alla legge islamica, fosse colto a violare i precetti della legge coranica, per esempio bevendo alcolici. A questo fenomeno, sino ad ora, la magistratura dei paesi europei ha reagito in modo vario, talora condannandolo, talora invece riconducendolo all’alveo dell’applicazione della libertà associativa.
Il quadro che emerge, quindi, è quello di una forza non solo politica, ma anche normativa, in grado di farsi strada tra i sistemi legali dei paesi europei con una imprevista facilità, tra il silenzio delle comunità locali e una certa ingenuità da parte delle autorità europee, che non paiono ancora essere pienamente coscienti dell’intrusività del fenomeno.
Come nel caso del Belgio del 1973, infatti, la questione può avere importanti ricadute in termini di interessi nazionali e di diplomazia europea considerata nel suo complesso, nell’ambito dei delicati rapporti con alcuni paesi islamici che, nonostante una lunga storia di “amicizia” con l’Occidente, portano avanti agende internazionali volte ad un espansionismo militante da cui un’Europa in piena crisi identitaria, oltre che economica, può avere solo da perdere.
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