Ancora sulla Libia: Sarkozy, Cameron, Clinton e le responsabilità di Napolitano

Guerra in Libia, Napolitano ha avuto un ruolo decisivo nel suo scoppio. Invece, l'interesse dell'Italia era puntellare Gheddafi e aiutarlo a tornare a pieno titolo nella comunità internazionale

Prendendo spunto dalle disavventure giudiziarie di Sarkozy, il quotidiano Il Giornale ha pubblicato un interessante articolo sulle responsabilità dell’ex Presidente Napolitano nella catastrofe libica. Secondo la ricostruzione, Napolitano ebbe un ruolo decisivo nel sostenere l’avvio della campagna di bombardamenti Nato.

Peccato che oggi l’Italia si ritrovi ad essere uno dei paesi più danneggiati da quella guerra, come testimoniano le centinaia di migliaia di immigrati che ogni anno si imbarcano dalla Libia per le nostre coste. Il conflitto ha lasciato la Libia in preda al caos più totale, che rischia di contagiare i Paesi limitrofi.

Un disastro geopolitico per l’Italia, che vede il proprio fianco sud gravemente minacciato.

Nel disastro libico Napolitano ha avuto un ruolo decisivo

Riferisce Il Giornale che nel marzo 2011 l’allora Capo dello Stato addirittura convocò un vertice riservato in cui – quasi fosse il portavoce dell’Eliseo – rappresentò l’ultimatum di Sarkozy sulla partecipazione all’intervento in Libia, pervenendo alla seguente conclusione: “l’Italia non può rimanere fuori”.

Vero è che in quel momento il Governo Berlusconi viveva una fase di particolare debolezza. Altrettanto vero però è che l’art. 95 della Costituzione attribuisce la responsabilità dell’indirizzo politico – e quindi della politica estera – al Capo del Governo. Non al Presidente della Repubblica. Ci sarebbe da approfondire quindi, qualora emergessero maggiori informazioni, quanto con le sue azioni Napolitano si sia posto fuori dal dettato costituzionale.

Vero soprattutto che la Libia di Gheddafi aveva con l’Italia un rapporto privilegiato. Un legame che ci aveva permesso di conseguire importanti risultati politici. Non ultimo quello di arginare i flussi migratori. Per non parlare delle straordinarie opportunità d’affari per le nostre aziende, che in Libia avevano ottenuto lucrosi contratti e commesse.

In Libia l’interesse dell’Italia era di puntellare Gheddafi

In Libia l’interesse italiano era di puntellare il regime di Gheddafi, incoraggiandolo a fare concessioni sui diritti civili e politici per favorirne il rientro a pieno titolo nella comunità internazionale. Una road map realistica che con ogni probabilità Tripoli avrebbe percorso di buon grado, atteso che ormai da anni aveva avviato una politica di distensione con l’obiettivo di scrollarsi di dosso l’infamante definizione di “stato canaglia”.

L’interesse nazionale, quindi, avrebbe suggerito di opporci con ogni mezzo all’avventura libica di Sarkozy, Cameron e Hillary Clinton. E, se proprio non fosse stato possibile impedirla, almeno astenersi da prendervi parte e non fornire sostegno: né basi, né porti, né spazi aerei.

Almeno avremmo salvato la dignità che, di questi tempi, non è poi così poco.

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